Il lavoro sociale è di per sé caratterizzato dal contatto umano, dall’empatia, dalla capacità dell’operatore sociale di comprendere i bisogni delle persone con cui lavora per accompagnarle in un processo di miglioramento delle proprie condizioni di vita.
In tutto questo processo di cura, lungo e faticoso, la relazione diretta con le persone è fondamentale.
L’emergenza Covid-19 ha messo a dura prova il lavoro sociale, riducendo e trasformando il contatto umano che lo contraddistingue.
Il centro interculturale per l’incontro e la convivenza tra differenze Officine Gomitoli, gestito dalla cooperativa Dedalus, negli ultimi anni è diventato un luogo di riferimento per gli adolescenti del territorio napoletano che, attraverso l’arte e l’incontro interculturale, hanno sperimentato nuove forme di crescita personale e sociale in un contesto multiculturale.
Le attività artistiche e formative che portiamo avanti hanno favorito la promozione e lo sviluppo delle capacità relazionali e professionali di numerosi giovani con background migratorio e non, che, attraverso un percorso di empowerment, hanno preso consapevolezza delle loro potenzialità.
Il nostro lavoro è inteso non soltanto come contrasto al disagio socio-economico dei soggetti più vulnerabili attraverso il supporto e l’accompagnamento ai servizi di tutela dei diritti fondamentali come il lavoro, l’istruzione e la salute, ma anche come estensione e salvaguardia del diritto dei giovani con background migratorio alla socialità, al gioco, alla ricerca delle proprie passioni e talenti.
Con l’entrata in vigore delle misure di contenimento e contrasto della diffusione del Coronavirus, il centro ha dovuto chiudere e le attività sono state riorganizzate, cercando di capire quale formula potesse incontrare meglio i bisogni dei giovani con cui lavoriamo.
I laboratori artistici si sono trasferiti sul web, attraverso lezioni in videochiamata, dirette sui social network e chiamate individuali e di gruppo per il supporto scolastico. Il laboratorio di arti visive si è trasformato in una videochiamata settimanale su skype in cui ci si è dedicati alla visione dall’interno e dall’esterno delle case in cui ci trovavamo, alla riflessione sugli spazi e sulle emozioni che attraversavamo durante le giornate di quarantena. I ragazzi del laboratorio di fotografia hanno portato avanti il loro lavoro sugli autoritratti come espressione del mondo interiore.
Gli adolescenti di Officine Gomitoli si sono ritrovati, come tutti noi, catapultati in una nuova realtà, in cui l’utilizzo di internet si è rivelato fondamentale per portare avanti le attività quotidiane, dalla scuola alle relazioni sociali con amici e parenti.
Non è stato semplice trovare i canali giusti, accessibili a tutti, che potessero permettere la partecipazione ed evitare l’isolamento. La mancanza e l’insufficienza di strumenti e di risorse come l’accesso illimitato a una rete internet è stata la principale difficoltà che abbiamo rilevato.
Si è parlato tanto di didattica a distanza e di come l’uso della tecnologia può giovare sulla formazione dei giovani, ma spesso si è dato per scontato che i mezzi e le possibilità di accedere a questi strumenti siano alla portata di tutti. Purtroppo non è così e l’emergenza Coronavirus l’ha reso visibile in maniera chiara e prorompente.
La narrazione romanzata del periodo di quarantena come occasione di riscoperta dei legami familiari, delle tradizioni casalinghe e degli hobby individuali non è applicabile in contesti in cui tutto ciò è vissuto con disagio. È il caso dei tanti adolescenti che si sono ritrovati costretti a vivere in abitazioni spesso troppo piccole per ospitare tutta la famiglia, senza gli spazi adeguati per garantire la privacy o più banalmente la tranquillità per seguire una lezione online.
La mancanza di spazi sociali di condivisione e di confronto diretto con i pari ha provocato non pochi malesseri e chiusure, soprattutto negli adolescenti con background migratorio che stavano portando avanti un percorso di crescita e di inserimento in un tessuto sociale nuovo o diverso da quello di origine.
L’uso dell’arte come strumento di espressione e di scambio interculturale si è rivelato un espediente efficace per contrastare le chiusure (mentali e non) e in questa fase di riapertura ci auguriamo di poter presto ritornare a guardarci negli occhi e condividere concretamente le pratiche di inclusione e sviluppo sociale.
