Per gli anni a venire, molti di noi ricorderanno il 9 marzo 2020: il tam tam di notizie; la conferenza stampa del Presidente del Consiglio dei Ministri (http://www.governo.it/it/articolo/conferenza-stampa-del-presidente-conte-a-palazzo-chigi/14273); l’annuncio, atteso ma sconvolgente, del lockdown; le ansie per il drastico cambio di stile di vita che ci attendeva. La casa, le nostre case, si stavano accingendo a diventare un luogo “contenitivo”. Per alcun* uno spazio confortevole, in cui trascorrere un tempo scandito da ritmi nuovi e differenti, co* propr* car*; per altr*, una gabbia di solitudine; per altr* ancora, uno spazio inadeguato per prolungate convivenze tra troppe persone; per molti, ma soprattutto molte, l’inferno della violenza domestica.
La relazione con la casa, come con molti altri luoghi che fanno parte della nostra geografia quotidiana, si è trasformata e nella descrizione di questa nuova fisionomia, in mancanza di un universo di espressioni capaci di restituire la profondità di questa mutazione, non è stato infrequente il parallelo tra l’ambiente domestico e quel luogo estremo, spesso rimosso, che chiamiamo carcere, prigione, galera.

Polizia in tenuta anti-sommossa all’ingresso del carcere di Prato nel corso delle proteste dei detenuti del 9 marzo 2020 – Foto di Giulia Melani
Questa nuova condizione ci ha consentito di percepire, seppure in forma privilegiata, quanto possa pesare la limitazione della libertà personale, offrendoci un’occasione per occuparci con sguardo più attento del benessere psicofisico delle persone detenute, delle modalità per garantire il diritto alla salute di chi si trova reclus*, della necessità di adottare misure specifiche laddove la “salute” stessa risulti “incarcerata” (Gonin, 1991).
Normalmente, utilizziamo la qualificazione “corporale” per indicare modalità punitive antiche e superate, ma anche la detenzione è una pena “corporale”, che investe il corpo detenuto e sui corpi detenuti produce effetti, in termini di patologie strettamente correlate alla reclusione (Gonin mette in evidenza l’eziologia di alcune disfunzioni percettive causate dalla carcerazione, Ibid.) e di una marcata sovrarappresentazione di alcune altre patologie rispetto al mondo dei liberi.
La lettura dei dati statistici sullo stato di salute delle persone recluse (Esposito, 2007) dovrebbe indurci ad ulteriori riflessioni: ci chiama ad interrogarci sulla selettività del controllo penale e sulla tendenza dell’istituzione ad attrarre soggetti già vulnerabili, anche sotto il profilo sanitario; sulla “condizione” detentiva come patogena di per sé e sulle “condizioni” dei nostri istituti penitenziari che agevolano la diffusione delle malattie (il singolare è utilizzato per riferirsi agli elementi propri dell’istituzione, mentre il plurale ad elementi contingenti, come ha fatto, riguardo ai manicomi, Tarantino, 2017); sulla capacità del sistema sanitario nazionale di rispondere alle specifiche esigenze di cura de* malat* reclus* e sugli ostacoli che le regole vigenti e le prassi del penitenziario frappongono ad una piena tutela della salute.
Anche (e soprattutto) in fase di emergenza sanitaria, «ai carcerati va riconosciuto – come osserva Grazia Zuffa – il diritto a essere tutelati nella salute psicofisica alla pari degli altri cittadini; avendo chiaro che questo diritto “entra in contraddizione con la condizione stessa di privazione della libertà”» (Zuffa, 2020) (https://studiquestionecriminale.wordpress.com/2020/03/21/coronavirus-e-carcere-per-il-diritto-alla-salute/).
Le persone private della libertà, come ha ricordato la Sezione europea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, «costituiscono un gruppo particolarmente vulnerabile» (http://www.euro.who.int/__data/assets/pdf_file/0019/434026/Preparedness-prevention-and-control-of-COVID-19-in-prisons.pdf?ua=1). In carceri sovraffollate ed in condizioni igienico-sanitarie spesso precarie, le modalità di prevenzione del contagio adottate all’esterno risultano di difficile applicazione o inefficaci: è impossibile mantenere il distanziamento sociale condividendo spazi minimi e polifunzionali (si pensi che in molti istituti il lavandino del bagno è utilizzato anche per lavare le stoviglie e come piano d’appoggio per preparare gli alimenti, mentre il primo piano del letto a castello funge da seduta per alcuni dei commensali durante il pranzo o la cena); arduo
provvedere ad un’accurata igiene personale e degli ambienti, specie se non si dispone del denaro per acquistare detergenti e disinfettanti; difficile che l’amministrazione riesca a garantire l’isolamento nel caso di manifestazione di sintomi (i vari istituti si sono attrezzati in modo estremamente differenziato, alcuni prevedendo sezioni per detenuti sintomatici, nelle quali non veniva garantito l’isolamento individuale, con il rischio di diffusione del virus nel gruppo ristretto di quei detenuti che presentavano determinati sintomi). Inoltre, la popolazione detenuta spesso non è stata provvista dei dispositivi di protezione individuale che alcune amministrazioni (la Regione Toscana, ad esempio) stavano fornendo ai cittadini liberi.
La particolare vulnerabilità delle persone detenute è data anche dalle restrizioni proprie del regime detentivo, le quali incidono sul benessere psichico e sono risultate aggravate dalle misure adottate per contenere il contagio da Coronavirus. Sin dalla fine di febbraio, molti istituti hanno limitato le visite dei familiari e gli ingressi dei volontari delle associazioni (Brioschi, 2020 (https://studiquestionecriminale.wordpress.com/2020/03/18/la-bomba-e-esplosa-perche-il-coronavirus-ha-acceso-le-proteste-nelle-carceri-italiane/ )); successivamente, l’art. 10 co. 14, d.l. 9/2020 (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/03/02/20G00026/sg) ha previsto la sospensione dei colloqui, dei permessi premio e delle licenze, per i penitenziari ubicati nella c.d. zona rossa, poi estesa a tutto il territorio nazionale. Queste disposizioni, seppure opportune, hanno reso intollerabile il regime detentivo e acuito la sofferenza e la rabbia dei detenuti, che si è manifestata con rivolte nelle carceri di tutto il paese (https://www.gnewsonline.it/carceri-22-istituti-interessati-da-rivolte-e-disordini/), represse violentemente, con un bilancio di tredici morti (https://ilmanifesto.it/carceri-un-comitato-per-la-verita-e-la-giustizia/). Il divieto di ingresso di persone esterne ha anche causato la sospensione di molte delle attività culturali e ricreative offerte; inoltre, pochissimi istituti sono riusciti ad attrezzarsi per garantire la prosecuzione dei percorsi di istruzione a* detenut* iscritti alle scuole dei vari ordini e gradi (http://www.garantenazionaleprivatiliberta.it/gnpl/it/dettaglio_contenuto.page?contentId=CNG8955&modelId=10021). A compensazione delle restrizioni, i decreti hanno previsto l’aumento dell’accesso alle telefonate e la concessione della possibilità di effettuare videochiamate, misura, quest’ultima, per la quale però non tutti gli istituti penitenziari sono riusciti ad attrezzarsi.
Nelle durissime condizioni di vita nel carcere al tempo della pandemia, si è anche riscontrato un aumento dei suicidi rispetto agli anni precedenti (http://www.garantenazionaleprivatiliberta.it/gnpl/it/dettaglio_contenuto.page?contentId=CNG8955&modelId=10021).
Le limitazioni cui siamo stat* tutt* sottopost* hanno reso più difficile la raccolta di informazioni, la vigilanza e il controllo su quel luogo già fortemente separato dal mondo libero. Da ciò, è derivato il rischio concreto di atti di violenza nei confronti de* reclus*, come sembra ad esempio essere accaduto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, dove i detenuti, stando alle numerose segnalazioni ricevute dall’Associazione Antigone, avrebbero subito pestaggi da parte della polizia penitenziaria (Paterniti Martello, 2020 (https://www.ilriformista.it/carcere-di-santa-maria-capua-vetere-detenuti-torturati-82455/)).
Il connubio tra difficile prevenzione del contagio (al 15 maggio, erano stati accertati 119 detenuti positivi, http://www.garantenazionaleprivatiliberta.it/gnpl/it/dettaglio_contenuto.page?contentId=CNG8880&modelId=1002), condizioni di vita sempre più critiche, carenza di mezzi di informazione e controllo, avrebbe richiesto l’adozione di misure di decarcerizzazione, diverse e ulteriori rispetto a quelle previste dagli artt. 123 e 124, d.l. n. 18/2020 (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/03/17/20G00034/sg), che hanno permesso la concessione di 3.555 detenzioni domiciliari, ma non si sono dimostrate sufficienti a far coincidere il numero delle persone detenute con la soglia dei 46.875 posti di capienza regolamentare (al 29 maggio, erano detenute 52.622 persone http://www.garantenazionaleprivatiliberta.it/gnpl/it/dettaglio_contenuto.page?contentId=CNG8955&modelId=10021 , ben 5.747 in più dei posti regolamentari).
Allo stesso tempo, le nuove criticità ci consentono di vedere con maggiore chiarezza quelle strutturali su cui si insediano e ci impongono di riprendere il filo della riflessione sulla “salute incarcerata”, sul benessere e i diritti delle persone detenute, sulla selettività del diritto penale, sul senso stesso della pena, come oggi la conosciamo.
BIBLIOGRAFIA
Brioschi F. (2020), La bomba è esplosa. perché il corona virus ha acceso le proteste nelle carceri italiane. Studi sulla questione criminale online. (https://studiquestionecriminale.wordpress.com/2020/03/18/la-bomba-e-esplosa-perche-il-coronavirus-ha-acceso-le-proteste-nelle-carceri-italiane/)
Gonin D. (1991), La Santé incarcérée ; médecine et conditions de vie en détention. Paris: L’Archipel.
Esposito M. (2007), Malati in carcere. Analisi dello stato di salute delle persone detenute. Milano: Franco Angeli.
Paterniti Martello C. (2020), Carcere di Santa Maria Capua Vetere: “Detenuti torturati”. Il riformista, 16 aprile 2020. (https://www.ilriformista.it/carcere-di-santa-maria-capua-vetere-detenuti-torturati-82455/)
Tarantino C. (2016), Il manicomio criminale come forma simbolica. Minority Reports. Cultural Disability Studies, 3.
Zuffa G. (2020), Coronavirus e carcere, per il diritto alla salute. Studi sulla questione criminale online. (https://studiquestionecriminale.wordpress.com/2020/03/21/coronavirus-e-carcere-per-il-diritto-alla-salute/)
SITOGRAFIA
Associazione Antigone. Per i diritti e le garanzie nel sistema penale http://www.antigone.it
Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale http://www.garantenazionaleprivatiliberta.it/gnpl/
Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana https://www.gazzettaufficiale.it
Governo Italiano http://www.governo.it
Organizzazione Mondiale